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Un santo popolare o un personaggio fuori dagli schemi che aveva scelto di vivere come un eremita medioevale? Un taumaturgo capace di guarigioni miracolose o un abile predicatore che sapeva affascinare le popolazioni indigene latino americane? E come si spiega la sua morte, assassinato in una grotta del Nuovo Messico? È un autentico giallo la vita di Giovanni Maria De Agostini, nato nel 1801 a Sizzano. Papà Mattia e la mamma Domenica Monfrini sono fittavoli, braccianti agricoli che si spostano da un anno all’altro, il giorno di San Martino, nei possedimenti delle famiglie più ricche, che offrono lavoro e il minimo per la sopravvivenza. Così i De Agostini da Fontaneto si erano trasferiti a Sizzano, dove le loro tracce si perdono, finiti in qualche grande cascinale tra novarese e la grande pianura.

Giovanni non ha nessuna intenzione di fare il bracciante: ha aspirazioni più grandi, sogna di vestire l’abito religioso e andare a predicare il messaggio cristiano ai popoli che non lo conoscono. Così prima parte per Roma e affronta una prima esperienza in convento, ma la regola gli va stretta e sente il bisogno di testimoniare il Vangelo in modo più vicino alla gente e compie la scelta decisiva. Farà l’eremita, vivrà di elemosina, rifiutando ogni comodità.
Lascia l’Europa e, nel settembre 1838, sbarca a Caracas, in Venezuela. Inizia qui un lunghissimo “periplo” dell’America del Sud tra Ecuador, Colombia, Perù sino all’arrivo in Brasile nel 1843.

“Joao Maria, come veniva chiamato dalla gente, andava predicando vestito da cappuccino. Sapeva creare immediatamente un contatto autentico con le persone, le curava con le erbe e con l’acqua che prendeva dalle sorgenti. In cambio veniva ricompensato con cibo, mentre lui donava crocifissi e rosari che costruiva in legno”. Alexandre Karsburg, docente brasiliano dell’Università Pontificia del Rio Grande, ha scoperto la figura di De Agostini quasi per caso. “Ne avevo sentito parlare attraverso i racconti della tradizione orale degli Stati più meridionali del Brasile come di un santo popolare, che girava predicando in nome di Sant’Antonio Abate. Così ho iniziato le ricerche e scritto un libro sulla sua vita”.

Karsburg è venuto in Italia, nella terra dei De Agostini, a Sizzano e Fontaneto, dove ha presentato le sue ricerche insieme a Franco Dessilani, lo storico novarese che ha trovato una serie di documenti sulla famiglia. “A Sizzano questa famiglia lavorava sulle terre dei De Maino e abitava alla cascina Rampini. Abbiamo l’atto di matrimonio, 1796, e gli atti di morte dei primi due figli. A Sizzano, si fermano un paio d’anni, poi non se ne sa più nulla, sicuramente si sono trasferiti altrove”. Gianni Cantoia, che ha consultato a Fontaneto gli archivi parrocchiali, ha accertato che “di De Agostini abbiamo tracce a Fontaneto fin dal ‘500, ma non sappiamo se ci fossero legami di parentela”. In Brasile e in Perù il viandante eremita – aggiunge il professor Karsburg – è ricordato con feste che durano anche cinque giorni. Le sue parole e le sue gesta sono diventate leggenda.

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