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Il Pronto Soccorso di Novara sarà ampliato di 600 metri quadri per dare più agio ai pazienti mentre e i reparti dell’ospedale torneranno progressivamente nella situazione pre Covid entro la fine dell’anno. In più ci sarà una nuova sala d’aspetto anche per i parenti.

Ad annunciarlo in Commissione il direttore generale dell’ospedale di Novara Gianfranco Zulian e il direttore del pronto soccorso Gian Carlo Avanzi. Presente anche il direttore sanitario Daniela Kozel.

Pronto Soccorso che ha un accesso annuo di 55mila pazienti adulti (78mila in totale compresi quelli del reparto pediatrico e ginecologico).

Pazienti ai quali viene dato un codice che può essere bianco, verde, azzurro, arancione o rosso. 56 gli infermieri e 23 i medici che turnano.

«Chi ha il codice rosso viene visitato subito o in pochissimi minuti – afferma Avanzi – C’è un box visita dedicato, una shock room e con la pandemia un altro box con i respiratori. Le lunghe attese? Oltre il 70 per cento che arriva in Pronto Soccorso ha un codice bianco o verde, diciamo che potrebbe rivolgersi al proprio medico di famiglia. In realtà c’è un box dedicato durante la giornata, non di notte. La maggior parte di questi pazienti arriva nelle ore diurne».

Sono oltre 200mila gli esami di laboratorio, 400 le tac torace, oltre 1000 per l’addome e oltre 20mila le radiografie toraciche. 

«L’attività è complessa e i pazienti sono preparati all’eventuale ricovero, si studiano, si chiamano consulenti – prosegue. Se necessita c’è un’area di osservazione breve intensiva dove il paziente viene osservato per 24/48 ore». 

Nel 2023, fino ad oggi, sono 15mila gli accessi, 2500 i ricoveri più altri 297 dopo l’osservazione. 8700 i dimessi e 1400 i dimessi nel percorso ambulatoriale.

«Le criticità che ci vengono rivolte sono in particolare per i tempi di attesi lunghi, la mancata risposta alle esigenze dei pazienti o per errori. Se si presentasse solo chi ha una vera emergenze urgenza i numeri scenderebbero a 10/15mila casi all’anno. Voglio ricordare comunque che anche qualche codice verde viene ricoverato, dipende dalla situazione. Per quanto riguarda le persone anziane che vivono da sole c’è poi un percorso di aiuto con l’assistente sociale».

«I picchi di accesso sono il lunedì, una giornata tremenda nella quale chiedo il rinforzo di infermieri e medici».

Molti richiedono l’ingresso dei familiari: «Il fatto che non possano entrare è perchè non si può affollare l’area. Cerchiamo di telefonare e informare sempre i familiari, pur consapevoli che non riusciamo a colmare tutti i disagi anche perchè dipende da quante visite si svolgono. Inoltre va ricordato che se informare o meno i familiari è deciso dal paziente, con questo non vuol dire che ci rifiutiamo di parlare con i familiari».

«Sembra però che stiamo assistendo a qualche problema legato all’organico – dice Milù Allegra del Pd – E a che punto è il cosiddetto fenomeno dei gettonisti? C’è la stessa competenza?».

«L’organico è pieno – commenta Gianfranco Zulian – Questo organico è reso possibile dai gettonisti, circa il 30 per cento. Nella normativa del 2014 c’è un tetto di spesa economica, i gettonisti non gravano su quella spesa. Ma non c’è da parte loro un problema sulla cura, sono degli specialisti. Anche l’uscita dei medici non evidenziano un esodo così massiccio, le dimissioni sono abbastanza stabili negli anni. Potrebbe arrivare dalla Regione la possibilità di sforare il tetto di spesa, la carenza riguarda piuttosto gli specialisti anche in altri settori.

«Il lavoro del reparto di emergenza è usurante – dice ancora Avanzi – Ci riteniamo comunque fortunati ad avere una scuola di specializzazione».

«Aumentare l’organico e una remunerazione migliore potrebbe aiutare? Sì» commenta Zulian. 

«Per le liste d’attesa ci vorrebbe un filtro territoriale ulteriore».

Sara Paladini del Pd sottolinea come la sensazione «sia quella della difficoltà di poter fare controlli preventivi in tempi rapidi. Non tutti possono andare nel privato. Ci sono alcuni reparti che sembrano maggiormente in difficoltà».

«Veniamo da una pandemia terrificante – spiega il direttore generale dell’azienda ospedaliera – Abbiamo dovuto riorganizzare rapidamente i reparti. Non è comunque finita la necessità di alcuni distanziamenti e filtri. La prevenzione però non è stata sospesa. C’è da dire che risulta una bassa adesione da parte della cittadinanza sul progetto Serena, quello che riguarda il colon e la mammella».

«Entro la fine dell’anno si riprenderà a pieno regime l’attività».

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