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È stato definito “novel food” (nuovo alimento). L’Unione Europea ha dato il via libera nella primavera dello scorso anno. Un “passaporto” che consente di mettere in tavola tre specie: il grillo domestico (Acheta domestica) parzialmente sgrassato; la tarma o camola della farina (Tenebrio molityor) e la “locusta migratoria” (cavalletta).

Alternativa o alternanza? “L’insetto nel piatto, il cibo del futuro”, titolo del convegno che si è svolto a “Novara Sviluppo” a cura di Giulia Maffei, biologa e divulgatrice scientifica, con Giulia Tacchini, “communication designer”, fondatrici dell’associazione Entonote, era senza interrogativo. E forse, la mancanza della punteggiatura, più che grilli e larve ha portato nel piatto una proposta sapida di polemiche. Cominciata con le osservazioni sui social dell’assessore comunale Ivan De Grandis, contrario all’iniziativa, organizzata a ridosso della giornata del Made in Italy nella città che ha ospitato nel giro di pochi giorni due eventi classici imperniati sulla produzione gastronomica locale (“paniscia” contro “panissa”, e i gorgonzola day). Proseguita con la risposta della vicepresidente di Novara Sviluppo, Simona Pruno, che rivendica la legittimità dell’incontro sugli insetti: “Il nostro intento è unicamente quello di fare informazione. Rispettiamo la posizione dell’assessore, ma non vogliamo convincere nessuno a mangiare insetti né screditare in alcun modo la tradizione culinaria del Made in Italy che, anzi, sosteniamo fortemente”.

Ma potrebbe essere veramente, quello degli insetti, il piatto del futuro? Oppure è un ritorno a un passato remoto? Una cosa è certa: l’entomofagia (dal greco “entomos”, ossia insetto) non è roba da Terzo Millennio. Nella preistoria era tipica dell’umanità.

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