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Sono passati 529 anni da quel fatto miracoloso avvenuto nel tardo pomeriggio di martedì 29 aprile 1494, un’ora prima del tramonto. Sulla piazzetta davanti alla facciata della chiesa dedicata a San Maurizio (l’edificio verrà poi incorporato all’attuale Basilica) si stava giocando alla “piodella”: lo Zuccone, noto in Valle per qualche sua bravata, per non aver azzeccato il colpo vincente, scagliò con rabbia la piodella contro l’immagine della Madonna dipinta sulla facciata della chiesa. L’affresco risale alla fine del ’300 o all’inizio del ’400, di autore ignoto.

È una Madonna del latte, in stile romanico, seduta sopra un trono; con la mano sinistra tiene sulle ginocchia il Bambino. Fece la scoperta del prodigio un vecchietto, Bartolomeo di Leone di Re, abituato a segnarsi, ogni volta che passava di lì, dopo aver toccato con la mano l’immagine della Madonna. Ritrasse la mano inorridito vedendola sporca di sangue. Un rigagnolo sgorgava dalla ferita della fronte insanguinando il volto della Madonna e del Bambino e tutta l’immagine fino a terra.

Come da tradizione, nella Basilica della Beata Vergine Maria del Sangue di Re sabato 29 aprile 2023, si è fatta memoria del miracolo che ha poi motivato la costruzione di questa maestosa chiesa.

«Siamo qui con tanta gioia nel cuore – le parole del Rettore della Basilica, Padre Giancarlo Julita – perchè questa storia di grazia, nel corso degli anni, continua senza interruzione». A presiedere la celebrazione, in una chiesa gremita segno di ritorno alla normalità, il Vescovo di Novara, Mons. Franco Giulio Brambilla.

Il vescovo, nel corso della sua omelia, ha posto la sua riflessione sul periodo attuale: quello che stiamo vivendo è un lento e significativo ritorno alla normalità per la fine dell’emergenza sanitaria che ci ha visti protagonisti in questi ultimi anni. «In questa importante giornata vorrei porre l’attenzione – le parole del Vescovo Brambilla – su tre ritorni: il ritorno nella casa, il ritorno nella famiglia e il ritorno nella valle».

Tornare alla vita di comunità significa incontrare le persone per pregare di nuovo insieme. «Questo ci aiuta a raggiungere il secondo ritorno, il ritorno alla famiglia», prosegue Mons. Brambilla. «Dobbiamo ritornare a fare della famiglia – prosegue – un ambiente vitale e incoraggiante da cui si può e si deve partire per l’avventura della vita. E’ qui che si imparano le cose fondamentali della vita».

Infine, e conclude, il ritorno alla valle: «la Vigezzo deve essere una valle in grado di offrire le sue ricchezze naturalistiche, sociali, culturali. Dobbiamo ritornare ad abitare i luoghi, perchè solo così finisce davvero l’emergenza. La festa di quest’anno ci rimanda a casa, nella famiglia e nella valle perchè ciascuno trovi il suo spazio interiore, non per tornare come prima ma per iniziare in un modo nuovo».

L’articolo integrale sul nostro settimanale, nelle edizioni disponibili nella zona settentrionale della diocesi di Novara – L’Informatore del Cusio, il Popolo dell’Ossola, il Verbano – in edicola il venerdì e disponibile anche online.

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