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Lutto a Novara e nel mondo del giornalismo in generale per la morte di Piero Barbè.

Barbè, 99 anni decano dell’ordine, si definiva “giornalista per caso”. Così aveva scelto per il titolo del suo libro di memorie, prefazione del nostro direttore Lorenzo Del Boca (nella foto di Finotti qui in alto). In realtà “Il Piero”, anzi “Il Pierino” e – nelle occasioni importanti – “Il Cavaliere”, era cronista a tutto tondo, nato con il giornalismo nel sangue in una tipografia di famiglia, dove da ragazzo trascorreva i pomeriggi dopo la scuola. Qui apprese i primi rudimenti e con i caratteri di piombo inchiostrò anche il suo. Quando fu pronto si affacciò al mondo dell’informazione.

Siamo nel dopoguerra. Piero Barbè approda in corso Valdocco a Torino, dove il direttore Massimo Caputo gli affida l’incarico di corrispondente da Novara della “Gazzetta del Popolo”: 5 lire a notizia e una per ogni riga. Gli piace misurarsi con la nera, segue i delitti, si fa le ossa nelle aule di giustizia. Viene inviato al seguito della principessa Margaret d’Inghilterra in visita sul Lago Maggiore. Tre anni dopo lascia la “Gazzetta” per assumere la corrispondenza del “Corriere della Sera” e soprattutto de “La Stampa”, chiamato dal mitico direttore Giulio De Bendetti.

Agli inizi si mette in luce per quello che a Piero piaceva definire uno “scoop”: il mistero della scomparsa del maggiore americano William Holohan. La svolta professionale agli inizi degli anni 70, quando La Stampa, con Giovanni Giovannini vicedirettore e futuro presidente della Federazione Editori, decide di dedicare un’edizione (la prima in Piemonte) a Novara e Verbano Cusio Ossola. Coordinatrice Vittoria Sincero, altra figura iconica del giornalismo piemontese scomparsa due anni fa, Piero Barbè ne diventa il punto di riferimento.

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