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Torneremo a percorrere le strade dell’Ucraina con un messaggio di nonviolenza e di pace, dal 30 marzo al 3 aprile, con la Rete di circa 180 associazioni  italiane: #StopTheWarNow. Saremo circa 150 volontari di associazioni e movimenti della società civile italiana, laici e religiosi. Alcuni raggiungeranno Odessa, Mykolaiv e Cherson, con furgoni e mezzi propri: Altri, tra cui il sottoscritto,  andremo con un volo aereo a Chisinau in Moldavia, e da lì raggiungeremo via terra il resto del gruppo a Odessa. Questa è la quinta Carovana di Pace. La prima fu un anno fa a Leopoli. L’ultima, di cui abbiamo parlato anche su questo giornale, a fine settembre a Kiev, dove, oltre a portare aiuti,  incontrammo i rappresentanti dei movimenti per la pace, la nonviolenza e obiettori di Coscienza, tra cui anche Kateryna che è stata in Italia lo scorso febbraio, con Darya, dalla Russia e Olga dalla Bielorussia, anch’esse per testimoniare nonviolenza e obiezione all’uso delle armi e alla guerra.  

Tra i coordinatori della Carovana c’è  Gianpiero Cofano, della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Non ci rassegniamo alla guerra; a distanza di un anno dalla prima missione organizzata da #StopTheWarNow continuiamo a dirlo con la nostra presenza. I risultati di chi tenta una risoluzione del conflitto con l’uso delle armi sono sotto gli occhi di tutti, e nelle lacrime delle vittime. La carovana per la pace porterà aiuti, come nelle passate 4 edizioni, chiederà ancora una volta la fine immediata dei bombardamenti sui civili».

Questa volta la Carovana si svolge proprio nei giorni in cui qui in Italia e in tutta la Chiesa Cattolica si celebra la Domenica delle Palme.  L’inizio della Settimana Santa è un inno alla pace e alla fratellanza tra i popoli, che ci lega nella Pasqua ai cristiani di tutte le Chiese. I rami d’ulivo, simbolo di quella giornata, non possono essere solo segni o simboli vuoti, non legati alla realtà.  E la realtà ci dice che guerra più guerra non fa pace. Ad oltre un anno di distanza vediamo solo aumentare il numero dei morti, la distruzione e anche la radicalizzazione dell’odio, della violenza… 

Abbiamo assistito poche settimane fa alla strage di Cutro, con decine di vittime in mare a pochi metri dalle nostre coste. Molte di quelle persone fuggivano proprio dall’Afghanistan. Dove l’Occidente, e prima la Russia, hanno fatto guerra e bombardato per decenni. In pochi giorni, agosto 2021, ci siamo ritirati da quel Paese e lo abbiamo dimenticato. Così come l’Iraq. Proprio in questi giorni ricordiamo i 20 anni dall’inizio della seconda guerra del Golfo, confermando le dure parole, anch’esse dimenticate, di Giovanni Paolo II “la guerra è avventura senza ritorno”. E chi allora scelse di fare la guerra, con risultati tragici, non si è mai pentito. Anzi! Ritroviamo le stesse persone oggi a teorizzare la necessità della guerra, ‘Si vis pacem para bellum’. E’ di queste ore l’annuncio da Parte del Regno Unito di inviare in Ucraina proiettili all’Uranio impoverito, quelli che abbiamo già visto usare in Iraq. Una storia, una tragedia che si ripete. Oggi chi parla di Pace è considerato, da autorevoli politici e opinionisti, un idealista. Mentre che sceglie le armi e la guerra ha il senso del realismo. Sì, un tragico realismo di morte. Per questo non ci rassegniamo e non ci vogliamo abituare alla guerra. E lo testimonieremo là, in città vicino al fronte, accanto alle vittime, a tutte le vittime, che non vogliamo mai dimenticare.

Don Renato Sacco

Don Renato Sacco, Consigliere nazionale di Pax Christi

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