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Romagnano Sesia può vantare un piccolo record. Ognuna delle 1200 famiglie della cittadina offre almeno una persona in occasione delle celebrazioni del Venerdì Santo. O attore che recita le pagine del Vangelo o comparsa. O falegname per tagliare i pannelli delle scenografie o saldatore per legare le sbarre dei palchi. O pittore per decorare lo sfondo delle scene o cavallerizzo per badare agli animali che sfilano portandosi sul dorso i legionari.

Non per nulla viene citata dalle guide di mezzo mondo.

Romagnano, in provincia di Novara, origine romana (secondo alcuni) venendo da “Romana Mansio” o longobarda (secondo altri) con antenati della tribù degli Arimanni, questo primato lo vuole salvaguardare. E, anzi, sembra che di anno in anno, lo vogliano irrobustire con ricorrenze sempre più partecipate e sempre più convinte.

Un tempo la rievocazione della passione di Cristo avveniva ogni anno. Da qualche tempo, la complessità dell’organizzazione e le difficoltà di bilancio pongono una cadenza biennale. Negli anni dispari. 

Quest’ultima edizione è la numero 261 “ufficiale”.

“Ufficiale” perché la storia della quale è possibile documentare ogni passaggio comincia nel 1729 con la distribuzione di un biglietto per convocare un’assemblea generale destinata a “riorganizzare” le manifestazioni della settimana santa. Nessuna traccia anteriormente quella data, ma è evidente che si poteva “riorganizzare” solo qualche cosa che già esisteva precedentemente. E, infatti, i costumi più antichi, arrivati fino a oggi, sono quelli che venivano indossati dai due giudei che flagellavano Gesù e da Nicodemo e D’Arimetea che staccavano il Cristo dalla croce. I due giudei portavano corazze lanzichenecche che potevano risalire ai decenni a cavallo fra il 1500 e il 1600. Nicodemo e D’Arimatea, invece, indossavano gli abiti dei nobili d’inizio 1600. 

Adesso i costumi originali sono al museo ma gli attori che impersonano quei personaggi vestono costumi fedelmente riprodotti anche se appaiono fuori contesto, fra soldati romani, apostoli con tuniche palestinesi e personaggi che rispettano gli elementi storici anche estetici del primo secolo. Questi abiti però consentono di affermare che il Venerdì Santo di Romagnano comincia almeno cent’anni prima del 1729, quando la cittadina faceva parte del ducato di Milano controllato dagli spagnoli. Il confine con lo stato sabaudo era determinato dal fiume Sesia che lambisce, a occidente, il territorio di Romagnano.

A quel tempo, in paese, fra guardie di frontiera, doganieri e uomini che tenevano il presidio militare, gli spagnoli dovevano essere centinaia e, in occasione delle ricorrenze festeggiavano come erano abituati a casa loro.

Non a caso gli studiosi trovano sorprendenti affinità fra il Venerdì Santo di Romagnano e quelli che si svolgono in Andalusia. A cominciare dal fatto che l’organizzazione della manifestazione era affidata a una Confraternita intitolata al “Santo Entierro” a richiamare direttamente le gemelle di Granada, Cordoba o Siviglia.

Le prime celebrazioni, nei decenni del 1700, consistevano in una serie di processioni – con il simulacro della madonna Addolorata e con il letto del Cristo morto – che, in modo anche abbastanza anarchico, andavano girando per il paese, incontrandosi e incrociandosi più volte.
Un riferimento d’obbligo era la casa del “Governatore” figura assolutamente tipica e originale che, come recita una pergamena ormai ingiallita, “i sinfonici e i sacerdoti, i legionari, le schiere e le turbe, piamente liberale, regge e governa”. Questo “Governatore” apriva le porte di casa e quelle della cantina in modo che ognuno potesse servirsi.

L’articolo integrale sul giornale in edicola il 17 marzo e disponibile anche online.

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