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Un bersaglio raggiunto e un pericolo in arrivo. Il mondo del riso in trincea contro la concorrenza straniera porta a casa un risultato importante a livello europeo, ma al tempo stesso deve nuovamente serrare le fila per tutelarsi. Il 15 dicembre l’Europarlamento (con 500 voti a favore, 42 contrari e 4 astensioni) aveva accolto la proposta di risoluzione che chiedeva il ritiro del provvedimento avanzato dalla Commissione europea per aumentare a 0,09 mg/kg il Limite Massimo di Residuo (LMR) per il triciclazolo, per quanto riguarda il prodotto importato.

Una proposta che – se fosse stata approvata – avrebbe creato uno squilibrio tra il cereale coltivato in Europa e quello proveniente dal Sudest asiatico. Considerando che l’Italia (con il triangolo Novara-Vercelli-Pavia) produce oltre il 50 per cento del riso in Europa, a subire il danno maggiore sarebbe stato proprio il made in Italy. Il triciclazolo è un fungicida utilizzato per combattere i parassiti, ma sin qui consentito sotto una soglia precisa, allo scopo di tutelare ambiente e salute. La Commissione europea, accogliendo le richieste degli importatori, aveva proposto un innalzamento della percentuale. Elusi erano stati gli appelli dei risicoltori (soprattutto italiani) che hanno sempre invocato il regime di reciprocità. Poi, la svolta in Parlamento. Pertanto rimarrà fissato al limite di quantificazione, pari a 0,01 mg/kg, anche per il riso di importazione.

Soddisfazione viene espressa dalle organizzazioni agricole. Cristina Brizzolari, presidente di Coldiretti Piemonte, e Bruno Rivarossa, delegato confederale: “E’ importante la decisione della Commissione Ambiente del Parlamento europeo. Non dobbiamo mettere i nostri risicoltori in situazioni di svantaggio competitivo con i produttori dei paesi terzi”.

Fabio Tofi e Luciano Salvadori, presidente e direttore di Coldiretti Novara e Vco: “La Commissione lo capisca una volta per tutte e smetta di lavorare contro la produzione agroalimentare europea per interessi non chiari”.

“Si tratta di un risultato importante per le nostre produzioni – spiega il presidente della Federazione nazionale di Prodotto Riso di Confagricoltura, il piemontese Giovanni Perinotti – che formalizza la posizione già espressa il 29 novembre scorso dalla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento Ue”.

Tutto bene, dunque? Non proprio. Un altro allarme è stato lanciato da Mario Francese, presidente di Airi (Associazione Industrie Risiere Italiane) durante un convegno al Centro Ricerche Ente Nazionale Risi di Castello d’Agogna (Pavia): “Nel 2017 le importazioni di prodotto confezionato in Europa erano state di 188.000 tonnellate. Negli anni successivi il fenomeno è cresciuto a tal punto che oggi circa 400.000 tonnellate di riso già lavorato e confezionato (l’equivalente di tutto quello consumato in un anno in Italia) vengono importate nell’UE direttamente dal distributore, bypassando le industrie, in alcuni casi anche senza pagare il dazio, oppure pagando lo stesso dazio del cereale sfuso. E’ evidente come questa tendenza dapprima abbia eroso le nostre potenziali quote di mercato. In un secondo tempo potrebbe portare a una progressiva sostituzione della produzione comunitaria con cereale estero”.

Contro il pericolo di una “sostituzione etnica” del prodotto alimentare made in Italy e in Europe, Francese lancia un appello a tutta la filiera: “Occorre uno sforzo verso le istituzioni comunitarie. Viviamo in un mercato europeo di domanda che andrebbe coperta il più possibile con il nostro riso ed è per questo che da anni chiediamo di aumentare la superficie a 250.000 ha. In Italia negli ultimi dieci anni i consumi sono cresciuti del 34% e continuano a essere soddisfatti con prodotto nazionale, salvo una richiesta significativa del Basmati. Anche il consumo europeo è aumentato del 20%. Le industrie italiane hanno mantenuto i volumi verso l’Europa ma non hanno potuto avvantaggiarsi della crescita dei consumi, per scarsità di materia prima e per l’aumento esponenziale di cereale già confezionato in arrivo dall’estero”.

Gianfranco Quaglia

Gianfranco Quaglia, direttore di Agromagazine

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