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È “coraggio” una delle parole che ricorrono con frequenza nell’intervista del vescovo Franco Giulio sull’assemblea del sinodo appena conclusasi. In realtà, non appartiene alla sfera semantica di molte delle narrazioni che in queste settimane hanno descritto i lavori sinodali, tese tra accuse di inanità per un processo troppo lungo (si concluderà tra un anno) e una formale e piuttosto fredda descrizione di “clima”: arricchente e fecondo, quasi per definizione.

“Coraggio” dice di una dimensione un po’ diversa. Anzitutto nel mettere sul piatto, senza infingimenti, una serie di questioni complesse,divisive di per sé o divisive per come possono essere affrontate.
E poi nella chiamata alla Chiesa a mettersi in gioco. Su un tema essenziale. La ricerca di nuove strade per annunciare il Risorto, in una società – sottolinea Brambilla – dove il nodo non è più la relazione con credenti e atei, «in ogni caso persone in ricerca», ma con gli indifferenti, «inappetenti» spirituali, «immersi nell’immediato senza orizzonte di futuro».

“Coraggio” è immaginare questo domani, proprio voltandosi indietro. Non per rimpiangere vecchie prassi che funzionavano e che riproporre oggi avrebbe l’effetto poco confortante delle lamentazioni del genere “Eh, signora mia, certo che ai nostri tempi…”.

Ma per cercare uno stile diverso: quello della «Chiesa del primo millennio, con una pluralità di volti e figure, di carismi e missioni, di ministeri e servizi». È un percorso faticoso e complicato, che la Chiesa novarese ha provato a imboccare già da qualche anno, con il proprio sinodo diocesano. Una ricerca “coraggiosa” di una Chiesa «sinfonica».

L’editoriale di Andrea Gilardoni, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Diocesi di Novara sul numero di questa settimana, in edicola venerdì 3 novembre, in cui si possono leggere due pagine di approfondimento sul Sinodo, con l’intervista al vescovo Franco Giulio che traccia un bilancio della prima fase del Sinodo e lancia uno sguardo al prossimo cammino.

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