Più del guadagno poté il sacro fuoco della passione. Oltre ogni considerevole limite. Tanto da non arrendersi neppure di fronte alle perdite. Perché di questo si tratta. Ne sono consapevoli gli allevatori di Razza Piemontese, che da anni non rinunciano a immolarsi, malgrado i bilanci aziendali in rosso. Ma fino a quando? Se lo sono chiesti alcuni dei protagonisti di questo settore che produce eccellenza unica nel mondo, anche in provincia di Novara e nel Verbano Cusio Ossola.
Lo spunto è arrivato dalla giornata della zootecnia, quest’anno imperniata sull’allevamento dei bovini della Piemontese. Un convegno scientifico, divulgativo, ma anche gastronomico, che si è svolto negli istituti agrario Bonfantini e alberghiero Ravizza, sotto l’egida di Fondazione agraria novarese (presidente Leopoldo Cicogna Mozzoni), in collaborazione con le organizzazioni di categoria. Un “summit” della filiera in un momento di svolta e interrogativi: continuare a produrre in deficit (“La Politica agricola comune ha portato i redditi ai minimi storici e non possiamo più fare i kamikaze nei campi e nelle stalle” ha detto Giovanni Chiò, presidente di Confagricoltura Novara-Vco) oppure chiudere. Questa seconda opzione, purtroppo, viene lentamente seguita da più di un allevatore, con alcune lodevoli eccezioni proprio nel Novarese.
E’ il caso dell’azienda agricola “La Fontana” dei fratelli Ferrari di Momo. Giovani che hanno raccolto il testimone dal padre, interpretandone la passione. Anzi, andando oltre. Il papà Piero, veterinario: “Avevo iniziato con 8 capi di Piemontese, quasi per hobby. I miei figli ne hanno 250. Chiediamo solo di poter guadagnare lavorando, non affidandoci ai sussidi”. Allevano, confezionano, commercializzano in proprio. Ma è uno dei pochi esempi in un mare di sconforto, avvalorato dai numeri: in Italia gli allevamenti di Razza Piemontese, la più importante autoctona Made in Italy, sono 4 mila. Concentrati per il 60% nella provincia di Cuneo, gli altri nel Torinese, Biellese, Astigiano, Alessandrino. In questa mappa, Novara, Verbano e Ossola rappresentano un segmento minore ma significativo. Antonio Pogliani (Ordine dei dottori agronomi e forestali) anima e motore di questo congresso: “Disponiamo di circa 60 allevamenti con un migliaio di capi; quasi tutte le aziende sono di medie dimensioni, 4 o 5 con oltre 50 animali. Ma la tradizione qui è molto forte e sentita: basti pensare che i tori più famosi della Piemontese sono arrivati quasi tutti dal Novarese e dall’Ossola. Siamo gli antesignani della fecondazione artificiale per la selezione in purezza”.
Tiziano Valperga, direttore dell’Associazione regionale allevatori del Piemonte mette l’accento sui numeri che fotografano lo stato di crisi: “La pregiatissima carne di Fassone Piemontese viene pagata all’allevatore attorno ai 4 euro il kg per un costo di produzione che si arriva a 5. Poi: sugli scaffali della grande distribuzione lo stesso chilo è venduto a 20-30 euro. Questa forbice dice che non c’è da stupirsi se molti abbandonano. In Piemonte abbiamo già perso 8 mila capi. I giovani allevatori ci sarebbero ma bisogna assicurare reddito affinché rimangano. I costi per produrre sono esplosi negli ultimi anni, a partire dalla guerra in Ucraina, che ha fatto lievitare i prezzi di mangimi e gasolio. Chiediamo maggiori riconoscimenti, che partano dall’etichettatura. E’ stato presentato un disegno di legge per rendere obbligatoria l’etichetta nel settore ristorazione; troppi ancora sono coloro che spacciano altra carne per Piemontese”.
Matteo Marnati, assessore regionale all’ambiente: “Il brand Made in Italy è un patrimonio da valorizzare. Nel mondo si colloca al terzo posto dopo Coca Cola e Visa. L’agricoltura e il food rappresentano una grande opportunità. Persino gli scarti degli allevamenti possono diventare un volano positivo e non un problema”.
La razza bovina cui è stata dedicata la giornata ha caratteristiche di alto pregio e la sua carne è nota come una delle migliori grazie ai suoi valori dietetico-nutrizionali per la bassa concentrazione di colesterolo e il buon rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi. E’ tutelata a norma di legge dalla Igp (Indicazione Geografica Protetta) come Vitellone Piemontese della coscia. Tutti punti di forza che gli allievi dell’istituto alberghiero Ravizza di Novara hanno voluto mettere in risalto attraverso una “performance” gastronomica con un percorso del gusto.
Gianfranco Quaglia, Direttore
di Agromagazine