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Quando muore una persona che ti ha insegnato qualcosa, si usa ricordarla come un “maestro”. Fuori dai luoghi comuni, per me, e non solo per me, Michele Zolla fu un maestro. Di politica e di educazione civica. Il consigliere del Presidente Scalfaro è stato dispensatore di consigli per molti novaresi che si sono affacciati all’impegno politico della Democrazia Cristiana e per molti cattolici appassionati della res publica.

Fu in questa veste che lo incontrai, quando mi convocò, a 19 anni, negli uffici di via San Francesco d’Assisi, a Novara per incaricarmi di scrivere discorsi e comunicati stampa dei deputati novaresi. Un incarico professionale che divenne un’iniziazione politica. Ho sempre considerato un privilegio l’amicizia di Zolla, Leonardi e Scalfaro. Tre personalità diverse. Scalfaro era il politico di razza. Leonardi è tuttora l’anziano testimone di una classe politica forgiata nell’amministrazione locale, una generazione di rappresentanti istituzionali che hanno fatto la gavetta sui problemi veri della gente. Una classe politica ormai scomparsa.

Zolla era l’intellettuale del gruppo, il Richelieu di Scalfaro, l’unico capace di dire al “capo”, coi modi eleganti di un cardinale, che una decisione andava riconsiderata. E il presidente riconsiderava. Perché la stima di cui godeva Nino – così lo chiamava Gaudenzio Cattaneo, democristiano e cognato del Presidente – era talmente grande che Zolla era capace di raccogliere, come successe, un centinaio di voti nelle elezioni del gruppo parlamentare senza disporre di una corrente.

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